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La Rosa di Marghe, il primo romanzo di Viviana Verbaro

Cultura

La Rosa di Marghe, il primo romanzo di Viviana Verbaro

Prende spunto da un fatto realmente accaduto,  ma potrebbero essere tante le ispirazioni, perché “La rosa di Marghe” il primo romanzo di Viviana Verbaro edito da Rubbettino che sarà presentato questa sera al Parco Gaslini di Catanzaro, alla presenza dell’autrice, nell’ambito della rassegna Porto a Sud,  parla prima di tutto della sanità, quella del Mezzogiorno che qui più che altrove risente di scelte che sembrano andare da un’altra parte rispetto alla salute dell’utenza, a favore del privato, sempre messo che quello sia un porto sicuro.

Protagonista del libro della giornalista di RadioUno è l’amicizia tra due compagne di scuola, Giulia e Margherita. Il rapporto tra le due è quello fortissimo che può esistere tra due adolescenti, quasi donne che la vita e qualche incomprensione portano ad allontanarsi per ritrovarsi unite più che mai dopo che la seconda rimane vittima di un errore medico che la riduce allo stato vegetale in quello che dovrebbe essere uno tra i momenti più magici della vita, quando diventa madre.

Toccherà a Giulia, nel frattempo diventata giornalista in America, tornare nella sua terra e raccontare, anche attraverso le voci di amici, parenti e personaggi coinvolti, quello che è successo, ma il narrato andrà molto più in là del singolo episodio.: «L’errore medico fa parte della vita, la medicina non è una scienza esatta – spiega la stessa Verbaro -, ma la sciatteria non è concepibile, la mancanza di attenzione, questo no. Chi ha la responsabilità della nostra salute e mette le mani sui nostri corpi, su questo l’attenzione la deve avere, come minimo».

Il racconto di Viviana Verbaro ne La rosa di Marghe è decisamente corale. Nel libro tutti i personaggi, peraltro definiti in maniera piuttosto chiara, raccontano la propria versione dei fatti, anche la stessa Margherita, attraverso delle lettere mai inviate alla sua amica Giulia, aggiungendo qualcosa di sempre nuovo e rivelatore: «È stata un scelta ragionata – ammette l’autrice -. Il punto di vista unico non mi piace proprio. Così quando ho dovuto scegliere l’io narrante in qualche modo mi mancava qualcosa: la difficoltà è stata di cercare di fare arrivare l’anima di questi personaggi senza che le cose fossero in qualche modo ripetute, o venissero a noia».

Il romanzo però non si conclude, non è una storia che finisce, ma proprio nel suo ultimo capitolo porta forse il messaggio più importante che “La rosa di Marghe” porta con sé: «La fine è stata proprio un problema – conferma Viviana Verbaro -, perché non ce n’è una. Mi è venuta da sola, si è scritta da sé. È una sorta di presa di coscienza». La fiaccolata per le vie del centro in cui Margherita viveva, rappresentano il momento del riscatto collettivo: «Abbiamo parlato di ricerca della verità, ma alla fine questa non viene mai a galla. E allora la richiesta, fatta tutti insieme, di questa verità mi è sembrata una cosa bella. Forse era giusto che ci fosse».

Perché, come ci spiega la giornalista, la malasanità non è un problema individuale, bensì di tutti: «Ho sempre avuto un’accoglienza pazzesca, e riscontrato tanta voglia di capire – ci racconta Viviana -. La salute non è un’ovvietà, è la cosa più importante che abbiamo. Che debba essere tutelata, gestita, è un’esigenza che abbiamo tutti in maniera collettiva, universale. Che mancano posti letto, medici, infermieri, è un male di Paese, non è un male esclusivo della Sanità meridionale».

«Che la sanità è in crisi profonda – aggiunge Verbaro – non lo dico io perché mi sono occupata di sanità per una vita, lo dicono coloro che se non hanno gli strumenti e i mezzi, non possono tutelare la nostra salute. Ci sono dei dati della Società scientifica dei medici ospedalieri di qualche giorno fa, che fanno venire i brividi:  pare che in un anno siano stati fatti sparire più di 21mila posti letto; c’è il  problema dei gettonisti, con le cooperative private che fanno accordi con gli ospedali e dei non professionisti, non specializzati, vengono messi in pronto soccorso per carenza di personale. A danno di chi va, tutto questo? Dei pazienti. Non è un problema solo della sanità calabrese che si deve rivolgere ai medici cubani, è un problema in qualche modo condiviso».

«Bisogna fare un ragionamento sulla salute, sulla crisi della tutela della salute, per evitare che si arrivi a episodi come questi che racconto anche nel romanzo – prosegue -. Il caso di Valeria Fioravanti, donna di 27 anni che è stata mandata via dagli ospedali di Roma con la meningite, non è successo a Catanzaro. Se n’è andata nel giro di due giorni, veniva rimandata a casa con un antinfiammatorio. Aveva una bambina di 13 mesi. Sono argomenti che tengono insieme tutto: il diritto alla salute deve essere garantito a ogni  latitudine».

«Noi abbiamo spesso il problema della transumanza , siamo costretti a partire alla ricerca di posti dove ci curano meglio, ma – avverte – attenzione all’effetto Samarcanda: anche Margherita ne La rosa di Marghe va a partorire lontano da casa, per evitare l’ospedale, ma lì ci lascia la sua vita, la sua giovinezza. La storia di Marghe è una storia simbolica che ci dice che siamo tutti sotto lo stesso cielo e che il diritto alla salute deve essere tutelato dappertutto. La storia, i luoghi, sono generici, perché potrebbero essere luoghi di tutta Italia, emblematici e simbolo di qualcosa che può avvenire dappertutto».

La rosa di Marghe al Gutenberg

Viviana Verbaro arriva a Catanzaro con il suo “La rosa di Marghe” per la seconda volta,  nel pieno di una fitta promozione del romanzo – è stata anche all’ultimo Salone del Libro di Torino. Tra le tante tappe è stata infatti anche ospite della Fiera del libro Gutenberg, organizzata dal Liceo classico catanzarese. «Mamma mia – esclama non appena la citiamo -, è stata una delle esperienze più emozionanti della mia vita, non solo dal punto di vista professionale, quanto di quello emotivo».

«Sono tornata nel mio Liceo dopo 35 anni, mi ero diplomata nell’88. E ci sono tornata da scrittrice e relatrice per il Gutenberg», racconta. Il primo pensiero è stato per «il professore Luigi La Rosa – ci dice -, il mio docente di Italiano. Mia mamma è stata sicuramente la persona a cui devo di più questa facilità di scrittura – Viviana è figlia della compianta poetessa Giusi Verbaro, ndr -, in qualche modo è il suo dna quello che parla. L’altra persona a cui devo la mia formazione, però, è il professore La Rosa. Il fatto che sia venuto al mio incontro al Gutenberg, non è stato importante, di più».

E dei ragazzi del Gutenberg, cosa può dirci? «La profondità, la consapevolezza, ma anche la capacità di creare dei collegamenti con la realtà che hanno avuto questi ragazzi poche volte le ho trovate – ci risponde -, abbiamo fatto due ore di intervista in cui hanno gestito tutto loro, dalla a alla zeta, con delle domande che dire intelligenti è dire poco. Niente di banale».

«Non era semplicemente la lettura de La rosa di Marghe, ma la lettura calata anche nella realtà con i problemi del Mezzogiorno , il paragone con l’attuale fuga di cervelli, la vita sospesa di Marghe, il confronto con le ragazze del sud che in qualche modo si sposano per convenzione e le storie come quelle di Sana – Cheema, pakistana uccisa dal padre e dal fratello perché non voleva sposare l’uomo che avevano scelto per lei, ndr -, parlando di arretratezza sociale e condizionamento religioso».

«Hanno voluto chiudere l’incontro unendosi in maniera ideale alla fiaccolata di speranza finale de La rosa di Marghe – conclude -, hanno reso buia la stanza e hanno tutti accesso la torcia del cellulare. Hanno dimostrato un’empatia con queste pagine, e in qualche modo la volontà di identificarsi. Sono stati dei ragazzi pazzeschi. Il lavoro delle insegnanti è stato incredibile. Sì, lo posso dire: sono tornata dal Gutenberg con una bella sensazione di fiducia verso le generazioni future».

 

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