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Il grande vuoto, al Ref l’ultimo atto della Trilogia del vento

Il grande vuoto
Anteprima Il grande vuoto, ph. Francesco Bondi

Spettacoliamo Off

Il grande vuoto, al Ref l’ultimo atto della Trilogia del vento

ROMA – Debutterà in prima nazionale a Romaeuropa Festival 2023 – dal 15 al 19 novembre al Teatro Vascello – “Il Grande vuoto”, uno spettacolo di Fabiana Iacozzilli che si interroga sul vuoto e sul senso della memoria, ultimo capitolo de “La trilogia del vento”. Un trittico, coprodotto da REF in corealizzazione con La Fabbrica dell’Attore e Cranpi, in cui Fabiana Iacozzilli attraversa tre tappe dell’umana esistenza, in scena a REF 2023 in una personale dedicata all’artista, dal 7 al 19 novembre al Teatro Vascello.

Il grande vuoto

(dal 15 al 19 novembre, dal mercoledì al venerdì h 21, sabato h 19 e domenica h 17 prima nazionale mercoledì 15 novembre h 21)

di Fabiana Iacozzilli, dramaturg Linda Dalisi, interpretato dai performer Ermanno De Biagi, Francesca Farcomeni, Piero Lanzellotti, Giusi Merli e con Mona Abokhatwa, in scena per la prima volta – è il tentativo di raccontare una grande storia d’amore: quella tra una madre, i suoi figli e un padre che muore, indagando l’ultimo pezzo di strada che una famiglia percorre prima di svanire nel vuoto e affidando alla tragedia forse più cupa del teatro shakespeariano, “Re Lear”, il compito di trasformare il dolore attraverso il gioco teatrale. A firmare il lavoro, anche le musiche originali Tommy Grieco, il suono di Hubert Westkemper, le scene di Paola Villani e il video di Lorenzo Letizia.

Un dissolversi ne Il Grande vuoto che viene amplificato dal progressivo annientamento delle funzioni cerebrali della madre, una ex attrice, colpita da una malattia neurodegenerativa alla quale  rimane progressivamente solo il ricordo del suo cavallo di battaglia, un monologo tratto da Re Lear. Un prosciugarsi a cui fa eco lo svuotarsi di esseri umani dalla casa di famiglia, che al contrario si popola di oggetti, di ricordi che aumentano, pesano e riempiono tutte le stanze. Come scrive Linda Dalisi “il vuoto non è il nulla, è uno stato fisico che gorgoglia”.

Nello spettacolo, che trova risonanze e spunti in “Una donna” di Annie Ernaux, nel romanzo “Fratelli” di Carmelo Samonà e in “I cura cari” di Marco Annicchiarico, la narrazione teatrale si contamina con il video: attraverso fotocamere in grado di proiettare ad alta risoluzione e con visione notturna fino a trenta piedi, un* figli* può continuare a vivere la propria vita ed entrare in quella del proprio genitore senza essere visto.

«Tante le domande che ci hanno spint* a sprofondare in questa materia artistica – spiega Iacozzilli –  a addentrarci in questa ricerca su cosa rimane di noi, e se continua ad esistere qualcosa di quello che siamo stat* mentre ci approssimiamo alla fine della vita. Ma una su tutte è forse la più adatta a questo lavoro ed è quella letta in un fumetto dell’autrice Giulia Scotti: “il punto è trasformare il dolore in bellezza. Ci riusciremo ancora?”».

Fabiana Iacozzilli conclude così la “Trilogia del vento” il trittico in cui la regista-autrice si interroga sulle grandi tappe dell’esistenza umana come opportunità generative: l’infanzia e le relazioni con i maestri che ci mostrano o ci impongono delle vie da percorrere, al centro del pluripremiato “La classe. Un docupuppets per marionette e uomini” (in scena al Teatro Vascello dal 7 al 9 novembre); la maturità, la genitorialità e il riuscire a prendersi cura, protagonisti di “Una cosa enorme”, debuttato alla Biennale Teatro 2020 (in replica al Vascello dal 10 al 12 novembre); e, infine, la vecchiaia in rapporto con il vuoto e il senso della memoria, indagati nell’ultimo capitolo della trilogia.

Un’indagine in cui punti di partenza sono stati da un lato – e per la prima volta – il dato biografico dell’autrice trasfigurato attraverso rappresentazioni immaginifiche e dall’altro il lavoro di nutrimento della materia artistica, condotto attraverso interviste a donne e uomini pront* a condividere frammenti e ricordi della propria vita.

“Il Grande Vuoto” è una produzione Cranpi, La Fabbrica dell’Attore, La Corte Ospitale, Romaeuropa Festival, con il contributo del MiC – Ministero della Cultura e con il sostegno di Accademia Perduta / Romagna Teatri, Carrozzerie n.o.t, Fivizzano 27, Residenza della Bassa Sabina, Teatro Biblioteca Quarticciolo.

Venerdì 17 novembre, alle 19.00 al Teatro Vascello, si terrà inoltre la presentazione del libro “I cura cari” di Marco Annichiarico, condotta da Simona Cives, curatrice di Letterature Festival.

Trilogia del vento, La classe e Una cosa enorme

La trilogia del vento è un trittico in cui Fabiana Iacozzilli si interroga su tre tappe dell’esistenza umana: l’infanzia e il rapporto con i maestri che ci mostrano o ci impongono delle vie da percorrere; la maturità e il rapporto con la genitorialità e la cura e, infine, la vecchiaia in rapporto con il vuoto e il senso della memoria. I punti di partenza sono stati da un lato – e per la prima volta – il dato biografico dell’autrice e dall’altro il lavoro di nutrimento della materia artistica, condotto attraverso le interviste a donne e uomini pront* a condividere una scheggia della propria vita.

La classe (dal 7 al 9 novembre, ore 21)

un docupuppets per marionette e uomini

uno spettacolo di Fabiana Iacozzilli | Cranpi

 UBU 2019: Vincitore miglior progetto sonoro; nomination per miglior spettacolo di teatro, migliore regia, miglior scenografia

Vincitore Premio della critica ANCT 2019

Vincitore in-Box 2019

Selezione L’Italia dei Visionari – Kilowatt Festival 2019

Vincitore del bando di residenze interregionali CURA 2018

Finalista Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche Dante Cappelletti 2018

Finalista Teatri del Sacro 2017

DEBUTTO: Romaeuropa Festival 2018

La classe è un docupuppets con pupazzi e uomini. Un rito collettivo – in bilico tra La Classe morta di Tadeusz Kantor e I cannibali di George Tabori – in cui dei bimbi interpretati da pupazzi rileggono i ricordi di un’infanzia vissuta nella paura di buscarle. Una storia che Fabiana Iacozzilli fa nascere dai ricordi degli anni trascorsi nella scuole elementare all’istituto “Suore di carità” e in particolare da quelli legati alla sua maestra, Suor Lidia.

Queste marionette, questi pezzi di legno, si muovono senza pathos su tavolacci che rimandano a banchi di scuola, ma anche a tavoli da macello o a tavoli operatori di qualche esperimento che fu. Tutto intorno, silenzio. Solo rumori di matite che scrivono e compagni che respirano. I genitori sono solamente disegnati su un cadavere di lavagna ma poi ben presto cancellati. Nel silenzio dei loro passi, questi corpicini di legno si muovono nel mondo terrorizzante di Suor Lidia, unica presenza in carne ed ossa che sfugge alla vista di pupazzi e spettatori.

In questa ricerca di pezzi di memorie andate, emerge il ricordo in cui Suor Lidia affida a Fabiana la regia di una piccola scena per una recita scolastica decidendo, forse, insieme a lei, la vocazione della sua alunna.

 

Una cosa enorme (dal 10 al 12 novembre venerdì h 21, sabato h 19 domenica h 17)

uno spettacolo di Fabiana Iacozzilli

 Spettacolo vincitore Last Seen 2021 Krapp’s Last Post

DEBUTTO: Biennale Teatro 2020

Il desiderio di essere madre e la paura di diventarlo, la capacità di prendersi cura e la difficoltà di generare sono il cuore di questo lavoro.

In scena una donna con una pancia enorme.  La donna si muove nel suo spazio fatto di pochi oggetti tra i quali riesce ancora a essere se stessa: un frigorifero, una macchina del gas, una poltrona, una pianta morta. La donna è in costante e paranoico ascolto di una minaccia che incombe dall’alto. È incinta da un tempo indefinito e da un tempo infinito cerca di tenere dentro di sé il proprio pargolo, di impedirgli di venire al mondo.

Che peso ha nelle viscere di una donna l’essere o il non essere madre? Che forma o che resistenza accanita assumiamo nel ritrovarci a doverci prendere cura di qualcun*? Che peso ha un figlio e che peso ha un padre morente?

In una lentezza serrata, senza scampo, Una cosa enorme parte dal confronto aperto con l’essere generativ* per spostare poi la domanda sull’essere generat*. Fabiana Iacozzilli declina le molte interviste fatte nel corso del processo artistico e le parole di Orna Donath e di Sheila Heti sull’essere madri, nel silenzio, fino a dissolvere l’azione scenica in una dimensione installativa.

 

Per maggiori dettagli e informazioni www.teatrovascello.it. 

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