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La follia di Shakespeare secondo Mazzotta

ph. Francesco Farina

Teatro

La follia di Shakespeare secondo Mazzotta

Qual è la vera follia? Quella del comandante scozzese Macbeth, tormentato dalle profezie fattegli da tre streghe e dai suoi stessi fantasmi? E’ quella d’amore di Romeo e Giulietta, che li spinge a morire pur di andare contro la loro passione? O è forse quella di Maxmilian Mazzotta che delle due tragedie di Shakespeare ha deciso di farne un’unica opera, per due ore di spettacolo?

“Follia di Shakespeare” di LiberoTeatro andato in scena nel fine settimana al Rendano di Cosenza nell’ambito della rassegna L’Altro teatro, in anteprima nazionale, ripresa del primissimo lavoro della compagnia risalente a circa 20 anni fa, se non è follia è comunque un azzardo: mettere insieme, intersecandoli, due tra i capolavori indiscussi della drammaturgia internazionale pone dei rischi non da poco.

Eppure. Lo spettacolo firmato da Mazzotta, che ha rielaborato i testi insieme a Donato Martano, è una godibilissima proposta dell’opera shakespeariana, rinfrescata da momenti in lingua cosentina- molto suggestiva, parlata anche dai non autoctoni – , alcuni davvero spassosi, con un ritmo da montaggio cinematografico. Quello che piace di più, di questa “Follia di Shakespeare” è difatti la regia: visionaria, a tratti geniale, procede per quadri, giocando molto con il buio nel dramma dei coniugi Macbeth assetati di potere, con delle vere e proprie fotografie, immediate. Riesce poi, la regia, a giocare con il tratto comico e popolare che la parte iniziale della storia dei due amanti di Verona offre dalla festa in casa Capuleti fino alla morte di Mercuzio, per poi fare intrecciare le trame nelle scene più drammatiche che seguono, quando i confini tra la Scozia e la Verona (o Cosenza?) teatrali non esistono più. Per farlo Mazzotta utilizza l’espediente di una partitella di calcio nel cortile della parrocchia: sì, avete letto bene, una partitella di calcio, con tanto di moviola. E’ con quella che si apre lo spettacolo e attraverso quella che si rimanda da un’opera all’altra. Una trovata molto bella e azzeccata.

Con musiche varie, soprattutto del repertorio classico – da Mozart a Tchaikovskji -, il nutrito cast si è alternato nelle tante parti che ognuno degli attori ha dovuto sostenere. Ecco: se dal punto di vista della costruzione scenica il complesso lavoro di scrittura è stato evidente, altrettanto vale per la fatica degli interpreti. Saltimbanchi come pochi, quelli di LiberoTeatro nel portare in scena questo lavoro hanno messo un impegno non da poco e di certo non comune, con una articolazione fitta di dialoghi e cambi di scena, e la richiesta di uno sforzo fisico a tratti notevole, nel passaggio continuo dal gotico del Macbeth al popolare di Romeo e Giulietta. Come in ogni opera corale che si rispetti, ne “La follia di Shakespeare” sono stati tutti più  meno bravi, ma è doverosa qualche sottolineatura, per lo meno suggerita dal manifesto: Lorenzo Richelmy è stato un Macbeth regale, la cui fisicità ha giocato un ruolo importante nell’imporsi, come personaggio, sul resto del cast, buona anche la sua prova come Mercuzio; bravo Francesco Gallelli, un Romeo tenero, ma anche uno spassoso portiere; gradevole Stella Egitto, dolce Giulietta e perfida Lady Macbeth.

Il cast

Lorenzo Richelmy Macbeth, Mercuzio

Stella Egitto Lady Macbeth, Giulietta

Francesco Gallelli Portiere, Romeo

Paolo Spinelli Banquo, Padre Lorenzo

Paolo Mauro Don Capuleti, Re Duncan

Francesca Gariano Strega, Monna Capuleti

Graziella Spadafora Strega, Benvoglio

Ilaria Nocito Strega, balia

Antonio Belmonte MacDuff, Tebaldo

Emanuel Bianco Malcom, Petruzzu

 

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